IL MOVIMENTO "DO IT YOURSELF" (DIY): CULTURE DI RESISTENZA E AZIONE DIRETTA

Quella che segue è la tesi di laurea di Andrea, Milano, sulla cultura dell'autoproduzione, autogestione, anarchismo ecologista e i vari movimenti che l'hanno alimentata (punk, tekno, hippie, ecologismo radicale ecc.).
E' stata scritta a cavallo tra gli ultimi mesi del 2001 e i primi del 2002; a detta di Andrea necessiterebbe di una revisione ma il documento è comunque interessante e meritevole di una impaginazione su drexkode.net per la ricchezza dei contenuti.

Condivisibili o meno le dichiarazioni di questa tesi credo sia utile riproporle, dal sito originale, per dare loro maggiore visibilità. La tesi è comparsa anche sul banchetto all'Hackit 2006; appare anche in questo sito perché offre la possibiltà di presentare un concentrato di concetti appartenenti a ben precise sottoculture giovanili, in questo sito oggetto di ampia presentazione.

Ecco quindi questo studio del movimento del DiY, una sua ricostruzione storica. La tesi funziona un po' come un manuale per addentrarsi nel tema dell'auto-produzione artistica e culturale. Sarebbe stato opportuno indagare meglio le origini dell'auto produzione e dell'"underground", scavando nel decennio precedente al punk, forse questo è un aspetto generazionale, si tende a partire da quella che è la nostra esperienza più immediata. Citando abbondantemente il testo di McCay "Atti insensati di bellezza" si ricostruisce un filo tra sottoculture giovanili di un intero trentennio, anche se per questo aspetto è più consigliabile leggere il testo originale per intero.

Si sottolinea l'importanza del gruppo\collettivo inglese Crass, coloro che riuscirono a rimuovere l'atteggiamento prettamente nichilistico e distruttivo del punk rock inglese, agendo secondo chiari obiettivi sebbene in pochi anni si siano dovuti arrendere al duro confronto con la società inglese i cui valori opposti erano enormemente più pervasivi per modellare lo stile di vita dell'uomo Occidentale, oltre a tensioni interne al movimento stesso per ciò che avevano raggiunto, per la perdita di quello spirito ed entusiasmo iniziali, ma soprattutto per una censura e repressione, a colpi di denuncie e vicende in tribunale, sempre più pressanti.

Si individuano anche come luoghi di auto-produzione le Autonomous Temporary Zones, anche se il concetto TAZ dovrebbe essere esteso anche a luoghi meno fisici, ampliato alle aree mentali di coloro che in parte della propria vita "risiedono" fuori dall'ordinario, con atteggiamenti, pensieri appartenenti ad una cultura con propri tratti caratteristici.

La tesi non manca di riferimenti alle principali pratiche di azione diretta, ai legami della cultura del DIY, sia con movimenti anteriori all'avvento del punk, sia posteriori in ambito rave culture.

Nel testo si riportano spesso citazioni; sarebbe stato opportuno, nota utile ad una eventuale revisione della tesi, fornire dei rimandi diretti alle relative pubblicazioni. Infatti vi sono dichiarazioni riportate che non permettono di valutarne la veridicità, non lo dico per dubitare quanto riportato ma per rafforzare la validità del documento. Problematico ritrovarle nell'ampia bibliografia (davvero esaustiva) .

E' interessante e molto descrittiva l'analisi che viene fatta di chi ha completamente assimilato la cultura del DiY, se ne trattano in dettaglio carattersitiche comportamentali e forma di pensiero. Purtroppo questa stessa coerenza è risultata a volte la stessa causa della rottura degli equilibri interni; all'interno dei movimenti radicali vi è una necessaria condivisione quasi totale dei progetti e delle pratiche, pena il rischio di degenerazione del confronto in contrapposizione, a volte letale.

Sottolinea il carattere formativo e di unione nella partecipazione all'esperienza DIY; educazione dell'individuo, anti razzismo, femminismo, animalismo, azione diretta, occupazioni, critical mass, tutti al centro del lessico DIY qui presentato, ovvero un movimento che possiede una forte connotazione politica, apartitica e radicale. Non c'è spazio per un "far da sé" di coloro che, arrangiandosi per sopravvivere nel mercato, sono in realtà aspiranti a guadagnarne una fetta quando le condizioni lo consentono; mi riferisco ad esempio a coloro che intraprendono attività dal basso, confusi erroneamente come "alternativi" o "indipendenti" solo fino a che la "fortuna" non gioca al loro fianco e quindi in grado di saltare al volo sul carro dei vincitori, con le glorie e la fama popolare.

La tesi è una sorta di critica al capitalismo e al modello di sviluppo moderno da un punto di vista di chi ha aderito ad uno stile di vita anarchico, antiautoritario. Drexkode.net attraversa divesi territori nel suo peregrinare negli immaginari contemporanei; il DIY è parte di questa ampia panoramica, un insolito accostamento con l'edonismo dei techno club e gli esperimenti elettronici delle accademie della musica. In questo sito vige una politica di abbattimento dei compartimenti stagni del sapere... Buona lettura

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In perfetto stile DIY Andrea ci tiene a sottolineare: TUTTO IL MATERIALE E' A DISPOSIZIONE DI CHIUNQUE PER FARNE QUELLO CHE VUOLE, NESSUN FOTTUTO COPYRIGHT ! NE E' INVECE VIETATO QUALSIASI UTILIZZO (IN TOTO O IN PARTE) A FINI DI LUCRO OPPURE DA PARTE DI MULTINAZIONALI, GROSSE CORPORAZIONI E CASE EDITRICI VARIE (a parte quelle di movimento). Sarà per Andrea comunque graditissima una segnalazione dell'utilizzo e ancor di più: critiche, aggiornamenti ed errata corrige. Postateli sullo spazio commenti del suo blog (www.thrash.splinder.com ) o mandategli una mail. Per contattare l'autore: intombato@yahoo.com .oppure sul sito di Thrashbrigade su Myspace.

INDICE

CAPITOLO 1: Culture di resistenza

1.1. - Do it yourself

1.1.1. - Autoproduzione e autogestione

1.1.2. - Occupazione

1.1.3. - DiY come pratica di liberazione

1.2. - I Crass: l'esempio

1.2.1. - I Crass e il punk

1.2.2. - Il rapporto con l'industria musicale

1.2.3. - Denuncie e perquisizioni

1.2.4. - Un attacco femminista

1.2.5. - Contro l'Oi! e gli skinhead

1.2.6. - I concerti

1.2.7. - Una particolare forma di anarchismo

1.2.8. - Thatchergate

1.2.9. - Best before 1984?

1.3. - Lo sviluppo del network DiY punk

1.3.1. - Discharge

1.3.2. - Italia

1.3.3. - HC e XXX

1.3.4. - Maximum Rocknroll

1.3.5. - In Grind We Crust

1.3.6. - Squat or Rot, ABC No Rio e Slug & Lettuce

1.3.7. - Profane Existence

1.3.8. - HeartattaCk

1.3.9. - Altrove

1.4. - L'eredità degli anni Sessanta

1.4.1. - I free festival e i nuovi traveller

1.4.2. - I raver e la technocultura

1.4.3. - Gli ecoradicali e l'azione diretta

CAPITOLO 2: Collettività e individuo

2.1. - La dimensione collettiva

2.1.1. - I movimenti

2.1.2. - Interazione fra movimenti

2.1.3. - Conflittualità

2.1.4. - Riconoscimento e storicizzazione

2.2. - L'esperienza fondamentale

CAPITOLO 3: La cultura DiY

3.1. - L'ideale anarchico del movimento DiY

3.1.1. - Il rapporto con le istituzioni

3.1.2. - Ruoli e convenzioni

3.1.3. - Anarcha Femminism

3.1.4. - No Gods, No Masters

3.1.5. - Attivisti e azione diretta

3.1.6. - Squat or rot

3.1.7. - Critical Mass e Reclaim the Streets

3.2. - No compromise in defense of Mother Earth!

3.2.1. - Green Anarchist e l'anarchismo ecologista inglese

3.2.2. - L'anarchismo verde americano

a) Earth First! e l'ecologia profonda

b) L'ecologia sociale

c) Il primitivismo

3.2.3. - Chi sono i veri ecoterroristi?

3.3. - Ecoconsumo e diritti animali

3.3.1. - Vegetarianesimo e veganesimo

3.3.2. - Allevamenti intensivi e sfruttamento animale

3.3.3. - Vivisezione

3.3.4. - Consumo critico

3.3.5. - Biotecnologie

3.3.6. - Liberazione animale con ogni mezzo necessario

CAPITOLO 4: La cultura DiY e il movimento anti globalizzazione

4.1. - Black Bloc

4.1.1. - Pratiche ed obiettivi

4.1.2. - Storia e struttura

4.1.3. - Strumentalizzazione, dissidi e incomprensioni

4.2. - Black Bloc e DiY

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