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2.1.4. Riconoscimento e storicizzazione

Per quanto sia stato possibile ricostruire un percorso storico del movimento DiY, percorso che ha permesso di individuare più movimenti che ne hanno apportato successive modalità ed energie, non si travisa un grosso contributo alla storicizzazione da parte del movimento stesso. Le produzioni culturali del movimento sembrano principalmente essere rivolte alla formulazione del presente e si assiste solo sporadicamente ad un recupero storico, spesso decisamente parziale ed episodico. La storicizzazione del movimento stesso appare sfuggire alla maggioranza dei propri attivisti. L'enfasi è posta sul quotidiano e su come possono essere ottenuti effettivi cambiamenti dell'attuale contesto sociale. Il senso di immediatezza che deriva dall'urgenza derivante dai problemi affrontati spinge molti attivisti a trascurare non solo la propria storia ma spesso anche una più profonda analisi di quello che si è e di quello che si vuole ottenere. Come già accennato il movimento DiY nasce dalla confluenza di più unità di movimento semplice creando attorno ad esso una complessa rete di diverse collettività e individualità che trovano mutuo riconoscimento nella condivisione di una precisa attitudine libertaria e controculturale che solo negli ultimi anni ha cominciato sempre più a prendere coscienza di sé autodefinendosi "cultura DiY". Tale asserzione non va fraintesa, il DiY come pratica e cultura esiste da anni in modo deciso ed autocosciente. Quello che preme sottolineare in questa sede è la sempre maggior constatazione insita nel movimento della propria dimensione, forza e natura di controcultura, attiva sì in più fronti ma ispirata dai medesimi desideri e obiettivi.  Tale aggregazione di desideri e obiettivi non è scevra da una certa dose di conflittualità legata forse più all'intrinseca tendenza al dibattito e al confronto che a vere e proprie divergenze. Divergenze il più delle volte dissipatesi una volta avvenuto un più profondo contatto ed effettiva cooperazione. "Ho sentito molti punx criticare i ravers senza saperne sostanzialmente nulla. Si fermavano alla copertina giudicando la teknocultura un movimento esclusivamente edonista o, più spesso, come una massa di drogati e basta. (.) Una volta pubblicata una intervista ad un collettivo tekno , nella quale affrontavamo a fondo la politicizzazione del movimento, molti di costoro mi hanno detto che hanno cambiato idea e adesso guardano alla tekno come un mondo estremamente vicino al loro. (.) non si rendevano conto, o anzi meglio non sapevano proprio, che la teknocultura porta avanti le stesse idee che stanno dietro ai punx anarchici." 

Provata la comune elaborazione ideologica, elaborazione che pone particolare enfasi sulla propria attitudine e cioè sull'adozione di un comportamento e stile di vita profondamente coerenti, è opportuno cercare di individuare il soggetto storico che compone il movimento DiY. L'orizzonte potenziale di appartenenza si può identificare con quello giovanile della classe medio bassa.  Vi è la presenza anche di una rilevante percentuale di individui tra i trenta e i quaranta anni. Sebbene minoritaria, questa componente è una componente non meno importante e completamente integrata alla componente più giovane. Non solo, tali individui vengono spesso presi ad esempio, senza comunque attribuire loro particolari privilegi o considerazione, come conferma del fatto che il DiY è uno stile di vita possibile sulla lunga distanza, tutta la vita, e non una semplice moda giovanile e passeggera. Rimane comunque valida l'accezione individuante la fascia giovanile come soggetto storico, in quanto anche i soggetti di età più grande si sono introdotti nella scena quando erano giovani e da allora non ne sono più usciti. I cambiamenti sociali delle ultime decadi appaiono svolgere un consistente ruolo nell'aver permesso a molti di questi giovani l'avvicinarsi al movimento DiY. Il cambiamento sociale decisamente più rilevante è l'enorme quantità di tempo libero che l'adolescente ha a disposizione per coltivare i propri interessi. Tale libertà, che permette al tempo stesso di viaggiare confrontandosi con varie realtà del panorama DiY, diventa sempre più irrinunciabile mano a mano che ci si confronta col sistema.

La privazione del proprio tempo libero viene vissuta come un vero e proprio furto da parte del sistema capitalistico il cui unico scopo è lo sfruttamento massimo di tutte le risorse disponibili, esseri umani compresi, in nome del profitto. Anche il tempo libero lasciato dalla logica produttiva viene criticato duramente in quanto esso stesso inserito in una logica consumistica (shopping, strutture ricreative, villaggi turistici e via dicendo) che contribuisce a perpetrare una logica di divertimento comunque mediata da interessi e speculazioni. In questo modo tutta la vita dell'essere umano risulta inserita in un circolo vizioso di produzione e consumo volto all'arricchimento di pochi e allo sfruttamento di molti. La classe politica, anche a seguito dei numerosi scandali ed episodi di corruzione che la riguardano, cessa di essere considerata un intermediario valido ed anzi diventa essa stessa un nemico da combattere. Indipendentemente dal partito politico al potere, i problemi appaiono essere sempre gli stessi non trovando mai risoluzione in un enorme contesto di corruzione e inadempienze. Dietro ad una simile considerazione si cela non solo una totale perdita di fiducia nei confronti delle istituzioni ma anche l'individuazione di precise responsabilità della classe politica nella logica di sfruttamento e miseria sottesa all'organizzazione sociale. Tale radicale considerazione del mondo, il "sistema" come spesso sinteticamente definito, porta ad una altrettanto profonda linea di frattura. Spingendosi verso una dimensione sempre più analitica, la critica al sistema posta in essere dal movimento DiY disvela man mano come la maggior parte degli aspetti inerenti al mondo moderno sia corrotta o correlata a numerose forme, ai più sconosciute, di sfruttamento. La costruzione di un consumo critico e l'adozione di uno stile di vita coerente al cocente desiderio di non fare parte di questo ciclo produttivo porta i membri del movimento DiY ad adottare e elaborare svariate alternative. L'alterità di tali alternative, spesso illegali ma considerate comunque legittime, portano a crescenti incomprensioni sia verso sia da parte del mondo esterno, considerato il più delle volte come il riflesso dell'omologazione. Questo articolato processo di "autocostruzione" genera una profonda rottura con quasi tutte le categorie sociali precedentemente facenti parte della quotidianità dell'individuo. Una frattura talmente profonda che lo porta a estraniare dalla propria vita i vecchi amici, la famiglia, prospettive lavorative e quasi ogni forma di contatto col mondo precedente. Il dilemma etico che ne deriva è chiaramente di enorme portata e di difficile sopportazione.

L'individuo si trova di fronte ad un bivio: da una parte le vecchie relazioni e la tranquillità di una vita "normale", dall'altro uno stile di vita realmente coerente con le proprie idee. Il dilemma etico trova parziale risoluzione grazie all'immissione dell'individuo nel movimento DiY, dove trova un enorme grado di solidarietà disinteressata e la totale condivisione della propria radicale visione del mondo. Il DiY diventa così una nuova famiglia, come spesso definita da molti attivisti che percepiscono una profonda esperienza di fratellanza, che fornisce all'individuo anche una nuova dimora sia essa uno squat , una comune o una colonna di veicoli. Gli stessi vecchi aspetti e vecchie idee vengono visti come parte di un contesto sociale che nulla più ha a che fare con l'individuo e con il suo nuovo gruppo. Egli inizia a ripercorre il proprio passato per rileggerlo, per capirne errori e ingenuità ma anche per comprendere il percorso che lo ha portato a vedere il mondo con occhi nuovi. Le vecchie agenzie di socializzazione ora non vengono più vissute come estranee ma rientrano esse stesse nel fronte conflittuale elaborato dall'individuo e, per estensione, dal movimento. Dell'elaborazione ideologica si è più volte accennato nel corso del presente capitolo e se ne parlerà più diffusamente nel prossimo.  Particolare enfasi è posta nel movimento sul concetto di coerenza. Lo stile di vita adottato deve rispecchiare le proprie credenze, sviluppandole e implementandole nel quotidiano. Più volte, infatti, i membri del movimento DiY sottolineano che "le parole non valgono nulla senza l'azione concreta."  Tali esplorazioni e concretizzazioni del possibile vengono attuate in misura manifesta e spontanea senza alcuna esplicita elaborazione ideologica.

Il dibattito rimane sempre vivido sulle motivazioni ed effetti delle proprie azioni e comportamenti, nella ricerca costante di una efficace e sempre più efficiente metodologia e teoria. Questa vivace elaborazione rimane saldamente fedele ai principi base della cultura DiY, principi in onore dei quali viene posta particolare enfasi sulla continua ricerca. In questo contesto di coerenza si creano numerosi compiti collettivi che mettono costantemente alla prova l'individuo. È proprio sulla base del proprio impegno che l'individuo dimostra di partecipare, ed essere partecipato, al movimento condividendone idee e sentimenti. Tali prove sono alla base del sempre più netto distacco, avvenuto soprattutto nel corso della decade appena trascorsa, fra il DiY e qualsiasi scena mainstream o anche solo indipendente. I punti di contatto sono completamente scomparsi rendendo contemporaneamente il movimento sia più coerente sia più sotterraneo e difficile da raggiungere ai "non iniziati". È questo uno dei motivi che fanno della scena rave illegale il primo contatto odierno più probabile. Da quanto detto dovrebbe risultare piuttosto chiaro come il progetto di gestione del movimento sia un processo ancora in elaborazione. Molte delle energie messe in moto dal movimento sono dirette alla ricerca ed allo studio del mondo odierno nel costante tentativo di disvelarne realtà di sfruttamento e miseria. La maggior parte degli sforzi sono rivolti in questa direzione e il dibattito alle volte verte sui potenziali pericoli di un atteggiamento simile che rischia spesso di trasformarsi in un processo meramente reattivo volto esclusivamente al contrattacco senza alcuna elaborazione di un efficace piano d'azione su scala globale.  Adottando numerose pratiche di azione diretta il movimento DiY già dimostra di volersi divincolare dalle "scadenze imposte dal sistema" evitando la pratica di limitare l'espressione del proprio dissenso alle sole manifestazioni sorte in occasione di vertici internazionali. Il pericolo di tale "reattività stimolata", sempre secondo alcuni attivisti, resta nel caso di azioni volte alla risoluzione di alcuni problemi attuate esclusivamente nel momento in cui questi si manifestano. Secondo molti attivisti occorre quindi elaborare costantemente nuovi obiettivi in risposta alla necessità di ampliare gli effetti del proprio dissenso. Ne emerge chiaramente come lo sbocco del movimento non sia ancora apparso non essendosi né istituzionalizzato né dissolto ma ancora in vivido fermento. Considerazione che verrà qui di seguito analizzata nello specifico partendo dall'esperienza fondamentale individuale per poi proiettarla nella dimensione collettiva tipica di ogni movimento.

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