CONCLUSIONI (è tempo di tirare le somme.)

Una delle caratteristiche fondamentali che emerge dallo studio della cultura DiY è il suo carattere di assoluta novità rispetto ai movimenti politici precedenti. Tale novità deriva essenzialmente dal suo radicale rifiuto nei confronti di ogni forma di istituzionalizzazione o organizzazione basata su gerarchie, leader e figure carismatiche. Il concetto di autogestione smette di essere una semplice pratica alternativa per divenire un nuovo stile di vita controculturale coscientemente in contrasto con la società nella quale l'individuo è inserito. La natura stessa della cultura DiY allontana l'individuo dal proprio contesto di origine portandolo, dopo un profondo processo di trasformazione interiore, ad abbracciare uno stile di vita tanto diverso e scevro da compromessi quanto sentito necessario e impellente. Vivere in una comune, sia essa uno squat o un campo nel mezzo della natura, sottende la rinuncia ad alcune comodità garantite dal vivere moderno. Comodità peraltro sentite come non necessarie ed anzi viste come fonte di alienazione, in quanto protese ad annichilire l'individuo al fine di poterne agevolare l'inserimento nella logica produttiva insita nel sistema. È spesso proprio tale senso di alienazione che spinge determinati individui a scelte così radicali, scelte spesso intrise nell'illegalità in quanto legate ad azioni dirette e occupazioni abusive. Si tratta quindi del cosciente tentativo e impegno di dare coerenza alle proprie idee nell'insoddisfazione che deriva da una semplice formulazione astratta. Lo slogan per il quale "una singola azione vale più di mille parole" rende piuttosto chiaramente quale è la posizione di un movimento che, stanco di un modo di fare politica la cui storia ne ha decretato la fallacia, decide di affrontare direttamente le problematiche insite nell'odierna società. Ciò non significa che il movimento sia estraneo all'elaborazione di una propria linea politica ed ideologica, ma piuttosto che la profonda e ampia produzione culturale e politica che ne deriva debba comunque essere seguita da uno sforzo concreto di attuazione, pena la mancanza di fiducia e approvazione.

Trovando la propria origine proprio nella stanchezza e disillusione provata nei confronti sia della classe politica in generale sia nei confronti delle grandi utopie politiche dei passati decenni, la cultura DiY e i suoi attivisti riconoscono valenza e credibilità a determinati individui proprio in virtù del fatto che essi vivono le proprie idee anziché limitarsi ad assumere un ruolo di semplici predicatori. Accanto al suo carattere di stile di vita scevro da compromessi la cultura DiY si caratterizza anche per la sua "sotterraneità". Rifiutando ogni contatto ufficiale ed organizzandosi attorno a variegate pratiche di autogestione e autoproduzione, la cultura DiY risulta un mondo sì ampio ed articolato ma anche difficile da scoprire. Questa apparente "chiusura" verso l'esterno implica non solo una difficile aggregazione di persone esterne ma risulta anche essere all'origine delle numerose interpretazioni fallaci volte nei suoi confronti, si prenda ad esempio il caso del black bloc dibattuto nel quarto capitolo. Ciononostante tale "sotterraneità" risulta comunque necessaria e coerente con le idee base della cultura DiY. Tale aspetto non rappresenta infatti una chiusura verso l'esterno in quanto il movimento risulta profondamente inserito nel quotidiano criticandolo e ponendolo in discussione attraverso proprie metodologie di azione, resistenza e disobbedienza civile. Necessaria o meno, l'immagine stereotipata che deriva dall'elaborazione superficiale dei media, siano essi ufficiali o di movimento, comincia a destare serie preoccupazioni all'interno del movimento. La creazione di figure stereotipate alimenta il problema dei lunchout , individui che non condividono la cultura DiY ma che ne frequentano gli ambienti creando seri problemi a causa dei loro atteggiamenti arroganti ed aggressivi spesso connessi con un alto tasso di alcolismo e abuso di droghe. Spesso definiti come punkabbestia o brew crew , che ne rappresentano la versione nomade, tali individui non conoscono politicizzazione e sono spesso causa diretta del fallimento di alcune iniziative DiY (NOTA: per correttezza va detto che tutto ciò è vero solo in parte... se è vero che ci sono stati problemi è anche vero che non tutte le persone appartenenti a tali sottoclassificazioni rispondono a comportamenti così molesti... Vorrei evitare che si creassero stupidi pregiudizi). Cambiando argomento, innegabile è comunque un certo grado di superficialità insito nell'elaborazione politico sociale di alcuni attivisti, in particolar modo coloro appena entrati nel movimento. La cultura DiY, infatti, abbraccia molti aspetti della società odierna mettendoli in discussione disvelando logiche repressive e di sfruttamento che li caratterizzano. Per molti attivisti l'approfondimento delle tematiche corrisponde ad una più profonda radicalizzazione del proprio stile di vita. Aspetto che generalmente comincia dall'adozione di un consumo etico per poi giungere ad un inserimento più profondo nella collettività.

Nessuno di questi movimenti / collettivi si colloca nella politica tradizionale. In effetti non usano nemmeno lo stesso linguaggio dei partiti. Parlano invece la lingua dell'anarchismo e insistono sui suoi principi organizzativi appresi non dalla teoria politica ma direttamente dalla propria esperienza. Essi si organizzano approssimativamente in gruppi associativi che sono volontari, funzionali, temporanei e piccoli . Tali gruppi non dipendono da tessere associative, voti, leadership speciali da una parte e una masse di seguaci inattivi dall'altra, ma da piccoli e funzionali gruppi che compaiono e scompaiono, si uniscono e riuniscono in base ai compiti da svolgere. Sono dei network, non delle piramidi. Come già accennato in precedenza, uno degli aspetti che caratterizza alcune elaborazioni del movimento è una certa ingenuità di fondo e superficialità d'analisi. Spesso le elaborazioni e critiche politico sociali vengono ricondotte ad una specie di teoria del complotto dietro la quale si dovrebbe celare il sistema. Questa identificazione del nemico come una entità ben definibile e responsabile di ogni forma di repressione e sfruttamento trascura di porre in essere una più approfondita ed efficace analisi delle cause sociali e storiche delle iniquità e ingiustizie analizzate. Il succitato è un aspetto generalmente inerente i nuovi adepti e coloro che non hanno ancora sviluppato una più profonda critica del contesto sociale che li adorna. La lettura di libri quali Do or die - voices from the ecological resitance o la consultazione di newsletter quali Counter Information, Justice?, SchNews e via dicendo dimostra un più approfondito e maturo livello di analisi. Un discorso simile può essere fatto anche al riguardo di un altro aspetto che caratterizza la cultura DiY. Come più volte sottolineato il movimento pone particolare enfasi sulla dimensione locale delle proprie azioni e cioè l'agire contro obiettivi immediati riguardanti il proprio contesto più vicino. Oltre a questo agire su base locale si potrebbe travisare il pericolo, insito nell'organizzazione stessa di collettivi indirizzati verso problematiche specifiche, di una politica incentrata esclusivamente su "tematiche uniche".

La critica nei confronti di queste single issue protest appare peraltro infondata alla luce del sempre più evidente fatto che al di là della focalizzazione specifica in sede di manifestazioni, proteste o collettivi, la cultura DiY sviluppa costantemente un network di reciproche interazioni e unità di intenti e di modalità eversive. Le proteste contro la costruzione di nuove strade, ad esempio, includono temi quali paesaggi rurali, la disponibilità di case, il cambiamento dello stato e dell'economia, l'ambiente, la sanità pubblica, la strategia politica individuale e la riforma sociale . Tali connessioni risultano quindi parte integrante di quella che viene definita come una alleanza fra attivisti stessi nel perseguimento di obiettivi comuni, finalità divenute parte integrante della cultura DiY stessa. La strategia di azione su base locale, inoltre, fa comunque parte di un processo di elaborazione sociale e politica sviluppata a livello globale come molti attivisti precisano in più occasioni. Il carattere di apparente unicità di tali strategie di azione e resistenza deriva dalla percezione di urgenza insita nei problemi affrontati, tale da spingere gli attivisti all'elaborazione di una vera e propria "cultura dell'immediatezza" ispirata a principi efficacemente riassumibili in domande quali "se non ora, quando?". Asserzioni che riuniscono in sé sia la forza di un efficace ed incisivo slogan sia il senso di apocalittica catastrofe che pervade molte delle elaborazioni del movimento.  Tale carattere di urgenza e immediatezza, mista ad una forte sensazione di novità dovuta alla radicale diversità del movimento rispetto ad esperienze passate, è alla base della mancanza di interesse nell'approfondimento delle proprie radici storiche. Tale sensazione di novità porta nel peggiore dei casi allo sviluppo di una certa arroganza nei confronti di altre forme di espressione controculturali non ritenute sufficientemente radicali.

Ciononostante la proiezione partecipata ed emozionata nel presente porta molti attivisti a fare un largo uso delle nuove tecnologie, rispetto ad un recente passato che le guardava con diffidenza, inserendole sempre più nell'elaborazione delle proprie produzioni culturali e politiche. Un'ulteriore critica al movimento viene indirizzata nei confronti del fatto che le esigenze di alcune classi sociali paiono risultare escluse. In realtà si tratta più di una lacuna che di una vera e propria negligenza essendo la cultura DiY ispirata a concetti profondamente libertari che predicano l'unione e la cooperazione tra individui nel mutuo rispetto delle proprie diversità e identità. Una citazione particolare merita il concetto di classe sociale di appartenenza volutamente trascurato dalla cultura DiY, atteggiamento che risponde a due ordini di motivazioni in un certo qual modo correlati. Innanzitutto un movimento libertario che si prefigge come valori base il rispetto e la tolleranza non può permettersi di piegarsi a fittizie suddivisioni di classe, aspetto che inoltre viene direttamente collegato, non senza una certa superficialità, alle precedenti strutture e retoriche proprie dei partiti e per tanto evitato come parte integrante di un modo di fare politica considerato superato e corrotto. Le succitate questioni sono oggetto esse stesse di dibattito all'interno del movimento DiY nell'intento di trovare soluzioni e nuove strategie maggiormente inclusive ed efficaci. Il conformismo travisato in alcuni membri di tale cultura, ad esempio i lunchout o gli ego warriors , non ne ostacola il processo di elaborazione attuato dal resto del movimento. Superando attraverso lo sforzo e lo sviluppo collettivo il potenziale narcisistico ed edonista insito in qualsiasi movimento giovanile, il DiY si definisce in termini di cultura e quindi in termini di costante e attiva ristrutturazione e rielaborazione scevra, per quanto possibile, da conformismi e stereotipi. Unendo politica, piacere e sottocultura il DiY ambisce alla fusione fra festa e politica nell'intento di superare la distinzione fra azione e stile di vita. La politica si proietta quindi nel quotidiano attraverso l'elaborazione e l'adozione di uno stile di vita che è esso stesso una costante forma di protesta e resistenza. Stile di vita che trova la sua più alta forma di realizzazione nell'elaborazione e liberazione di spazi collettivi dove creare un circuito vivo di collaborazione e aiuto reciproco, tanto che il vecchio slogan manifesto della cultura stessa do it yourself , fallo da te, si trasforma così in do it ourselves , facciamolo assieme.

Riuniti attorno a strategie ed azioni di carattere immediato e nuovo, capace di sortire incisivi effetti sia a livello individuale che sociale, gli attivisti DiY e i loro collettivi dimostrano pertanto quanto essi non solo potrebbero essere considerati come una nuova e realistica forma politica ma, in accordo con John Vidal di Mc Libel , anche e forse i semi di una nuova società!

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