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2.2. L'esperienza fondamentale

L'individuo inserito nella cultura DiY si sente profondamente partecipato sia a livello individuale che collettivo. Egli sperimenta un profondo senso di liberazione che si presenta sia come opposizione sia come espressa realizzazione di un fine più alto, un nuovo stile di vita che ne sconvolge la precedente visione del mondo per proiettarla verso una luce tanto completamente nuova e inedita quanto urgente e dolorosa. L'individuo comincia a comprendere che il mondo in cui ha vissuto fino a quel momento è un mondo falso dove quella che credeva fosse la verità in realtà nascondeva tetre cornici di alienazione. Dal momento della rivelazione in poi l'individuo intraprende un percorso di analisi e critica sempre più approfondito e radicale alimentato ed aiutato dalla profonda ed efficace propaganda informativa controculturale. Propaganda che fa ampio uso di slogan ed immagini suggestive. La trasgressione, la rottura violenta, si esprime in numerosi fronti comprendendo sia le cause di tali scoperte iniquità, le istituzioni pubbliche e private, le multinazionali, la polizia, sia coloro, amici, parenti, vecchi amori, che ancora vivono in tale cecità o si rifiutano di accettarla per comodità o paura. L'orizzonte conflittuale si accentua man mano che le conoscenze si fanno più approfondite, ma ad acutizzarsi è anche il senso di oppressione che ne deriva. Egli, ora che sa, non riesce più a sopportare una realtà simile ed in lui si fa strada il cocente desiderio di un radicale cambiamento. A lenire tale conflittualità e a donare una incisiva speranza e gioia all'individuo è la manifestazione della propria attitudine.

L'individuo si trasforma profondamente, distinguendo tra realtà e contingenza la sua vita si riempie di nuovi obbiettivi e speranze sia autodirette che eterodirette. La cultura DiY offre all'individuo una alternativa di vita concreta, immediata e soprattutto coerente, per quanto possibile, alle proprie idee e desideri. L'individuo comincia a cambiare radicalmente tutte le proprie abitudini, atteggiamenti e comportamenti mentre al tempo stesso si ritrova immerso in un network di persone e luoghi affini dove finalmente può esprimere il proprio vero essere trovandosi fra pari. Questo profondo senso di fratellanza appare immediatamente ai primi contatti dell'individuo con gli altri membri del movimento DiY. Fin dal suo primo ingresso nella scena, egli avverte una sensazione profondamente diversa e nuova. Molti attivisti sono concordi nell'affermare come sia stato proprio il primo contatto con la scena a far respirare loro la tanto ricercata libertà alla quale aspiravano da tempo.  Nel DiY i ruoli vengono annullati, non esistono figure carismatiche che si impongono sugli altri. Tutti possono partecipare secondo le proprie possibilità e tutti vengono rispettati ed accettati indipendentemente dalle proprie azioni. L'individuo, nella sua peculiarità e diversità, viene prima di ciò che ha fatto e nessuno se ne fa vanto né ne tiene contabilità. Coloro che ricreano tali comportamenti sono guardati con sospetto in quanto dimostrano chiaramente di non aver compreso i principi cardine del movimento. Gruppi o DJ che si comportano da star o individui che si vantano delle proprie azioni durante le proteste, i già citati ego warriors , vengono progressivamente esclusi dal movimento che dimostra loro di non essere il posto ideale per farsi vanto dei propri meriti.

Tali atteggiamenti portano l'individuo in questione a risolvere il proprio rapporto col movimento o istituzionalizzando le proprie azioni e credenze in un movimento diverso, come è avvenuto ad esempio per il movimento hardline straight edge , uscendo quindi dal movimento DiY, oppure cambiando la propria attitudine apprendendo sia dai propri errori che dall'esempio altrui. La fratellanza è importante per la cultura DiY in quanto aiuta l'individuo a non sentirsi isolato nelle proprie difficili scelte.  Scelte difficili in quanto in netta opposizione con tutto il mondo circostante ma che diventano immediatamente facili e gioiose grazie al caldo sentimento di appartenenza che deriva dal gruppo. È proprio in tale sentimento di fratellanza disinteressata e naturale che l'attivista DiY riconosce il più grande grado di libertà possibile. Egli sente che attorno a sé, nella comunità con la quale è venuto a contatto o che ha aiutato a creare, gli individui sono finalmente liberi di potersi esprimere secondo le proprie peculiarità e desideri in un contesto di mutuo rispetto ed ammirazione. In questo contesto egli crea nuove relazioni trovando negli altri membri nuovi amici e nuovi amori coi quali condividere sentimenti, speranze, obiettivi e anche nuove modalità di comportamento e comunicazione. Il movimento crea un nuovo linguaggio e nella cultura DiY si assiste alla proliferazione di numerose icone, simboli, slogan e messaggi. Uno degli esempi più significativi lo si trova nella Donga Tribe collettivo, o meglio tribù o per usare un termine comune nel movimento crew , inglese di attivisti ecoradicali che sin dal suo primo apparire ha cominciato ad elaborare una propria lingua e addirittura propri miti atavici. 

Tutto viene messo in comune e l'ospitalità gioca un ruolo basilare nei contatti e negli incontri. Attraverso una solida rete di case occupate e comuni un individuo può recarsi e stabilirsi dove preferisce, trovando ospitalità ed aiuto. Ciò permette a molte persone di viaggiare e risiedere anche per lunghi periodi, o addirittura stabilirsi, in paesi esteri senza spendere soldi ed avendo a disposizione una enorme quantità di tempo. Chiaramente tale messa in comune dei beni è diretta a coloro che, non necessariamente attivisti DiY, ne condividono l'attitudine. Ciò non significa che l'individuo beneficiario dell'ospitalità debba essere cosciente del movimento DiY ma presuppone che sia comunque dotato di un'attitudine libertaria e sincera. Opportunismo o atteggiamenti contrari all'etica DiY possono essere tra i motivi più comuni alla base della negazione dell'ospitalità, generosità e immediata confidenza che contraddistingue il variegato mondo DiY. L'individuo muore quindi per rinascere rinnovato. Egli ora è un individuo puro, che si batte per la giustizia nel desiderio di vedere la fine delle iniquità del mondo. La cultura DiY descrive spesso il mondo odierno come falso e corrotto dove l'interesse personale, economico e di potere, prevale su ogni altra cosa ed essere vivente sfruttandoli. La critica ai mass media completa questa visione in quanto considerati al servizio dei potenti. Il sistema viene quindi visto come un qualcosa da combattere "ad ogni costo" e la verità risiede nella visione unanime del movimento. L'individuo pone al centro dei propri interessi tale nuova visione del reale e la sua politicizzazione ricopre ogni aspetto della propria vita. Egli cambia radicalmente abitudini e stile di vita, il messaggio viene ribadito in ogni occasione tanto che la quasi totalità dei gruppi DiY punk ha testi fortemente politicizzati. Non solo, l'unanimità che deriva dal movimento tende a far sì che i gruppi non politicizzati siano tacciati di superficialità ed estraneità al movimento, motivo che sta alla base della radicale e netta divisione fra la scena DiY punk e la scena punk commerciale o indipendente.

Tale unanimità, la verità intesa come una sola e quindi quella espressa dal movimento, cela in sé il pericolo di una istituzionalizzazione precoce più che del movimento, che può contare su un ampio dibattito interno che si pone costantemente in un'ottica di autocritica, dell'individuo stesso che assorbe e vive in maniera dogmatica la propria scelta reiterandola in modo cieco e dogmatico rifiutando ogni ulteriore relazione che non sia quella dei propri pari. Ciononostante è proprio nel desiderio cocente di seguire il proprio destino che l'individuo trova nuova forza nella ricerca della libertà e giustizia. L'ampio e multiforme dibattito insito nella cultura DiY lo aiuta a mantenere saldo questo sentimento alimentando nuove tattiche, desideri, strategie e speranze. Maggiore è il coinvolgimento dell'individuo, maggiore è il suo impegno a documentarsi e approfondire le proprie conoscenze, maggiore risulta la sua radicalizzazione del pensiero. Egli è costretto a fare tabula rasa dell'individuo che era prima iniziando un processo di rinascita che si fa sempre più radicale e coerente man mano che fa esperienza di azione, informazione e autocritica. Nella cultura DiY la rinascita gioca quindi un ruolo fondamentale in quanto è il vero motore dell'entusiasmo di molti attivisti per i quali la distinzione fra dovere e piacere scompare e l'ottenimento dell'unica verità va conseguito con qualsiasi mezzo necessario indipendentemente dalla sua liceità o meno.

Tale illegalità comunque non è da confondersi con una propensione alla criminalità. Per gli attivisti DiY ogni azione è possibile a condizione che questa non arrechi danno fisico ad altre persone o ne danneggi la libertà individuale. La giustizia travisata nella propria esperienza metafisica porta gli attivisti a considerare l'illecito come una negazione di tale esperienza esaltante di una vita nuova, spingendoli ad infrangere le regole di una società considerata ingiusta e repressiva.  Da quanto esposto fino a questo punto appare chiaro come la cultura DiY si possa definire un movimento ancora in fase di evoluzione in quanto guidato sì da una profonda rottura col sistema esterno, che non ne capisce le bizzarre abitudini e richieste reprimendole, ma anche intriso di una gioia profonda che guida gli attivisti verso spettacolari, rocambolesche e sperimentali forme di resistenza, autonomia e "attacco", un termine che non piace a molti attivisti data la sua appartenenza al gergo militare, alle iniquità del mondo. "Gioiosamente illegali" gli attivisti DiY, gli eco guerrieri, sviluppano costantemente un nuovo modo di fare, o per meglio dire vivere, la politica lontana dall'intermediazione e scevra da ogni compromesso. Uno sforzo forse utopico di concretizzazione nel quotidiano del proprio ideale anarchico, costruendo momenti di libertà attraverso la riappropriazione dello spazio e del tempo, nel disperato e conscio tentativo di sottrarsi a "(.) quell'angosciante senso di alienazione derivante dalla prospettiva di diventare ingranaggi di questa mostruosa macchina produttiva chiamata società."

FONTI (NOTE) USATI NEL CAPITOLO 2:

Data la ben nota commercializzazione del termine e di molti gruppi punk, commercializzazione che riguarda il fenomeno sin dai suoi albori e che continua in determinate scene, si ritiene il definire tali attivisti del movimento DiY come punk decisamente fuorviante. Per questo si è preferito mettere il termine fra virgolette, ricordando che il punk è un genere musicale "madre" che nell'arco di quasi 25 anni si è articolato in numerose e distinte scene spesso diversissime fra loro sia attitudinalmente che musicalmente.

Andrehea, "Medea", fanzine f.i.p., Milano, Italia 2001.

Recensione del libro Gathering Force, DIY Culture - Radical action for those tired of waiting di E. Brass e S. P. Koziell, in Do Or Die , n° 7, Do or Die Collective, Brighton 1998, p. 139.

Dossier la politica della festa , in Psycho Attiva , n° 2, Shake Edizioni Underground, Milano 2001.

Guilty , libretto allegato al 7" omonimo del gruppo DiY scozzese Oi Polloi . Ruptured Ambitions Records, Edibgurgh 1993.

Volantino distribuito la sera del 25 dicembre 1995 nello squat torinese El Paso .

Earth First! Collective, Earth First! - introduzione al movimento , Ed. italiana a cura di Silvestre, Pisa, 1998. S.n.

"Chi sono i veri ecoterroristi?", volantino f.i.p., Italia 2001.

Do Or Die, n° 7, p. 139.

Words are nothing without action , slogan che ricorre spesso nella cultura DiY.

Do Or Die Collective, Do or Die - voices from the ecological resistance - issue 9 , Do Or Die Press, Brighton, dicembre 2000.

"Chi sono i veri ecoterroristi?", volantino f.i.p., Italia 2001.

Dossier la politica della festa in Psycho Attiva , n° 2.

A. Plows, Eco-philosophy and Popular Protest: The Siginficance and Implications of the Ideology adn Actions of the Donga Tribe, Alternative Futures and Popular Test, vol 1 , Manchester 1995

By any means necessary è uno slogan spesso citato in numerosi contesti inerenti la cultura DiY.

Slogan esposto in uno striscione degli abitanti della Villa occupata , squat milanese, durante un concerto tenutosi nell'aprile 2001, in "Ultimo Giro", numero 2, maggio 2001, s.i.p. Pavia.

Kevyn, Torino, settembre 2001. Colloquio orale.

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