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1.4.2. I raver e la teckocultura

Negli anni Novanta i free festival subiranno un radicale cambiamento: la musica smette di essere suonata esclusivamente da gruppi musicali e si inserisce sempre più la techno che permette di tenere i sound system (giganteschi complessi di casse altoparlanti dietro le quali il disk jockey fa il suo DJ set ) accesi per giornate e nottate intere. I free festival si "tramutano" in free parties o teknival o rave , il cambiamento produce nuove realtà che attirano persone provenienti dalle più disparate controculture e non: nasce la technocultura. È una vera e propria "rivoluzione in 4/4". La trasformazione non è immediata e nemmeno definitiva. Come spesso accade nell'ambito delle contro culture, esse si influenzano vicendevolmente e le loro mutazioni non sono mai nette o istantanee. Un'ulteriore specificazione riguarda i termini usati per definire la technocultura, sia per quello che riguarda il termine che più spesso è usato per descriverne gli "adepti", raver , sia per quello che riguarda la musica e cioè techno . Entrambi sono due termini "ombrello" che racchiudono al loro interno diverse tipologie e forme d'espressione. Come techno si definisce generalmente la musica dei free party e cioè musica elettronica la cui funzione è quella di permettere alla gente di ballare. Esistono molti sottogeneri preposti a definire i vari stili della musica elettronica in uso nei rave . La techno è uno di questi sottogeneri, ciononostante è di uso comune usarla come definizione generale. Ma non solo: la musica techno crea un flusso, non si tratta più di hits o canzoni famose, ma di un flusso continuo di musica mixata sullo stesso tempo, generalmente in quattro quarti. Quindi il lavoro del DJ non è più il selezionare delle canzoni, ma piuttosto il creare un flusso continuo di suoni, un'esperienza che può durare ore, giorni, settimane.  Questa possibilità ridefinisce lo stesso concetto di festa che ora diventa continua, non più vincolata, com'era in principio, ai concerti. Lo star system si annulla, la musica si trasforma in un vero e proprio crescendo di emozioni e sensazioni che guidano l'individuo verso una dimensione sempre più estatica e che stimola un sempre più crescente interesse nei confronti delle droghe sintetiche e allucinogene. Nella scena illegale, quella di cui ci occupiamo in questa sede in quanto l'unica importante per il DiY, i ruoli si annullano.

Il DJ, personaggio di spicco nei club, scompare dietro al muro di casse del sound system . Concettualmente simile ai concerti DiY punk , dove spesso si elimina anche il palco e dove non c'è distinzione fra musicisti e pubblico, il rave va oltre. La "democratizzazione" della musica fornita dalle nuove tecnologie riesce dove il rock ha sempre fallito: l'eliminazione della differenza e della figura del fan. Democratizzazione che nasce dalla possibilità di creare musica senza nemmeno conoscerne le basi, pur avendo a disposizione ogni tipo di suono immaginabile e campionabile. "Il raver non è un fan. Il raver cioè non e riconoscibile come acquirente delle strategie di mercato. (.) la techno , e tutte le sue sottoetichette, rappresentano un settore in controtendenza del mercato discografico: mentre si è ormai già imposto il CD come supporto-formato privilegiato, i mix di musica techno , oltre a raggiungere difficilmente le classifiche, vengono venduti prevalentemente in vinile (Il vinile è usato ancora moltissimo anche in campo DiY punk ed anzi rappresenta la maggior parte delle sue produzioni. NdA). Inoltre questi non sono facilmente reperibili perché il numero di copie stampate è piuttosto basso, dato che costituiscono un 'esclusivo' strumento di lavoro per i DJ (.). In secondo luogo mentre il fan classico è uno spettatore del concerto, il rave rappresenta il superamento della performance 'live', (.) il DJ manipola musica registrata, la consolle è molto più nascosta rispetto al palco, la folla non si raduna per guardare verso un'unica direzione ma semmai per guardarsi."  La scena dei free party si articola attorno a delle occupazioni spesso temporanee. Quelle che Hakim Bey definisce come T.A.Z. e cioè Temporary Autonomous Zone consistono principalmente in aree dismesse, edifici abbandonati che vengono utilizzati per organizzare una festa. Esistono anche casi di party organizzati in quelle che lo stesso Bey definisce P.A.Z.: Permanent Autonomous Zone vale a dire le occupazioni stabili, gli squats . Fisse o volatili che siano tali zone sono quelle che vengono spesso definite come "spazi liberati" e ricontestualizzati. Viene spesso posto in evidenza come vecchi magazzini un tempo fabbriche ora in disuso vengano trasformati da "(ex) templi del lavoro" a veri e propri "templi del divertimento". Divertimento totalmente svincolato dalle logiche produttive in quanto proposto come festa gratuita e non come prodotto ad uso e consumo di una "massa pagante".

Prima di passare ad una breve storia dell'evoluzione del fenomeno dei rave illegali è bene specificare il significato di alcuni termini comunemente usati per definire le feste: "è una cosa di cui si discute spesso e forse anche un po' a sproposito. In genere rave e free party significano la stessa cosa, cioè le feste organizzate clandestinamente, di solito in fabbriche abbandonate, a base di musica techno ininterrotta per almeno una ventina di ore, ad ingresso gratuito o sottoscrizione minima per lo sbattimento di chi ha organizzato, poi la cosa è molto variabile. I teknival in genere sono gli eventi all'aperto estivi o primaverili in cui ci si organizza in posti in culo al mondo (in genere in montagna) con una moltitudine di sound systems , tende, furgoni, ecc. per stare lì una settimana o anche di più." è da sottolineare inoltre come sempre più si tenda a sostituire il termine "rave" con "party" o "festa" in quanto tale termine è da sempre stato usato anche per definire organizzate nei club. Ciò risponde chiaramente ad un sempre più crescente desiderio di distinzione. La prima volta che appare il termine "rave", che significa "estasi" o "delirio", sarà in occasione di un festival jazz nel 1961: il Beaulieu Jazz Festival in Inghilterra, festival propagandato da vari volantini sparsi per la città che recitavano "Rave tutta la notte". Si hanno ulteriori testimonianze di un successivo utilizzo del termine cinque anni dopo in occasione di un festival rock.  Ma queste prime apparizioni del termine nulla hanno a che vedere con quello che viene comunemente inteso per rave né tantomeno col periodo storico. Il Rave è infatti un fenomeno tipico dei tardi anni Ottanta, sviluppatosi dapprima nei clubs e poi spostatosi in capannoni occupati e free festival fin dai primissimi anni Novanta, anni in cui conoscerà il suo più fiorente sviluppo. È utile risalire alle origini della musica dei rave per poterne capire il background e l'evoluzione. "Chicago primi anni Ottanta. La leggenda vuole che tutto nasca da lì, al Warehouse , un club frequentato soprattutto da afroamericani e gay, gli esclusi dai ritmi piccolo-borghesi della disco-music americana. E quando non c'è la musica che vuoi ascoltare il miglior modo per trovarla è fartela da solo, in casa appunto" da cui "house" (casa) uno dei più grandi filoni di musica elettronica dance. "Disk-jockey schizofrenici cominciano a mixare i dischi soul e funky con ineizioni tecnologiche rubate ai Kraftwerk , la bass-line tirata fuori dal flop commerciale della Roland : la TB-303 venduta ormai praticamente a prezzo di costo. Ed è acid-house." Intanto a Detroit un'altra rivoluzione è in atto: "(.) il mood è simile. Meno soul, nessuna voce, suoni più minimali magari usando la TR-808. Il gioco resta lo stesso: cut and paste sonoro in epoca pre- Macintosh . Techno music ." 

Ma per uscire dal circuito dei club si dovrà aspettare la fine degli anni Ottanta e trasferirsi in Inghilterra dove a seguito dell'esplosione del fenomeno rave , assieme al crescente affermarsi della techno e delle droghe sintetiche e allucinogene, si sente sempre più l'esigenza di organizzare i party in luoghi sempre più grandi. Nascono le prime occupazioni temporanee di capannoni abbandonati nella periferia industriale attorno al 1988 - 1989. I party, che per ovvi motivi devono rimanere segreti fino all'ultimo momento, vengono propagandati attraverso volantini lasciati nei posti giusti, passaparola, segreterie telefoniche, segnali stradali cammuffati e, col suo espandersi, internet. "l' house inglese finisce per trovare concatenamenti con la scena underground radicale freak e punk , con il neopaganesimo già magneticamente rivolto a Stonehenge e ai suoi free-festival (attività mai giunta a esaurimento da quelle parti)."  I contatti fra raver e traveller diverranno sempre più frequenti portando molti raver ad adottarne lo stile di vita nomade e itinerante tanto che moltissimi sound system si riuniscono in delle crew (gruppi) che girano Europa e mezzo mondo sui propri furgoni, mezze case e mezzi depositi per gli impianti, organizzando feste ovunque si trovino. C'è una forte polemica sul fatto se i raver siano veramente politicizzati oppure no. C'è chi li accusa di essere esclusivamente interessati alla dimensione edonistica del proprio stile di vita, trascurandone gli aspetti più controculturali e politici. Non si ritiene interessante addentrarsi molto nella polemica. Ci soffermeremo piuttosto nelle potenzialità insite nella technocultura. Va rivelato come innanzitutto sia un'agenzia che raccoglie, grazie alle sue feste, l'attenzione di variegate frange di giovani alcune anche piuttosto diverse tra loro. Sebbene si riscontri una generale e conscia politicizzazione da parte dei ragazzi che gestiscono i sound system , le tribes , il pubblico in generale non è altrettanto conscio. Ciononostante è innegabile come per molte persone il rave illegale sia una esperienza talmente fuori dai canoni da sconvolgerne l'esistenza, fino a spingerlo ad adottare uno stile di vita simile.  "(.) si instaura e si focalizza il bisogno esistenziale di rompere ogni limite di una legalità illogica e repressiva. Il rave illegale raggiunge il valore massimo nel momento in cui ogni singolo partecipante riesce a estrapolare, da un'esperienza del genere, il bisogno di essere antagonista in termini pratici nella realtà quotidiana e quindi opporsi a ogni forma repressiva che grava sulla sua esistenza menomata nella libertà di espressione. Non più leggi dogmatiche a cui sottostare, non più ipocrite verità assolute da ingoiare aprioristicamente, non più ruoli a cui adeguarsi bensì libertà di essere e di agire, contro ogni forma di massificazione, omologazione e livellamento imposto dall'alto verso il basso. Il rave si fa così mezzo di appropriazione di un concetto di uguaglianza in quanto rispetto e scambio di diversità ."  Tutto nel rave abusivo è completamente diverso dal divertimento "preconfezionato" dei locali.

Nei rave non esistono servizi d'ordine, troppo spesso colpevoli di pestaggi e violenze. L'entrata è libera per chiunque e non è soggetta a selezione all'ingresso basata su abbigliamento o conoscenze. Non c'è il prezzo d'entrata o quando c'è, viene chiesta una sottoscrizione libera o un contributo di 5000 lire. Nei locali, quando si organizza un rave o una festa simile, viene di solito richiesto un prezzo d'ingresso non inferiore alle 50000 lire. "Anche per le ragazze la situazione è molto diversa: non esiste da parte dei ragazzi l'intenzione di andare ad un rave illegale col preciso scopo di "cuccare" con tutte le fastidiose "tecniche" tipiche del maschio medio. Se tali comportamenti accadono la vittima di tali attenzioni riceve un generale supporto e chi le ha dato fastidio viene allontanato. L'atmosfera è totalmente libera, nessun controllo, ed è amichevole anche grazie all'uso di droghe come l'ecstasy che predispongono l'individuo alla socialità, alla comunicazione ed al benessere in mezzo agli altri." "Credo che questo segni la differenza tra la scena rave e quelle precedenti. In ecstasy non sputi sulla gente, l'abbracci. Questo modo di sentire costituiva il lato sacro dell'esperienza rave che ancora oggi esiste. È una festa della positività." Queste per lo meno alcune delle caratteristiche principali che ne hanno segnato il successo sin dagli esordi. "Il divertimento non è una merce da comprare poiché risiede in ognuno di noi, ed è la sua espressione in contesti autogestiti in movimento che permette di innescare il processo di liberazione. (...) i divertimentifici (le discoteche) altro non sono che istituzioni mediatrici degli squallidi valori dell'organizzazione sociale, valvole di sfogo per gente alienata (.)"  La stessa natura del rave viene vissuta come profondamente politica: "C'è chi lega automaticamente il termine 'politica' a quello di 'ideologia', snaturando il significato originario di cambiamento pratico della realtà circostante. Il rave è esattamente la destabilizzazione di questo riflesso condizionato, l'indicatore palese del passaggio dalla forma politica ideologica a quella pratica, comunicativa, di azione diretta." Un esempio di un utilizzo più politico dei rave ci viene fornito dal collettivo inglese Reclaim the Streets che è riuscito ad organizzare immensi free party , capaci di aggregare migliaia di persone, al fine di bloccare la costruzione di arterie autostradali dannose per l'ecosistema, parchi e campagne. Si parlerà più diffusamente di Reclaim the Streets nel terzo capitolo, si è fatto questo esempio per sottolineare, ancora una volta, il continuo e reciproco influenzarsi di tali sottoculture i cui confini si fanno sempre più labili e opinabili. Caratteristica propria del rave è quella di "adottare una strategia nomade, un attaccare in movimento, un essere sempre presenti e sempre invisibili, impalpabili. Si generano, in questo modo, derive metropolitane cadenzate aritmicamente da non-luoghi di disordine controculturale." 

Centrale nella technocultura è la pratica dell'autoproduzione intesa come efficace mezzo per provocare "(.) l'incrinatura del music business. Per infettare la società e distribuire espressioni controculturali nella ricerca di un boicottaggio al sistema economico, (.) in modo da avere l'autogestione di ciò che si vuole comunicare senza pericolo iniziale di manipolazione e, in più, mantenere una politica di contenimento dei prezzi che permetta l'approccio per chiunque si voglia avvicinare a ciò che viene comunicato. L'autoproduzione non deve nascere solo in ambito musicale o editoriale, bensì espandersi in ogni campo, così da creare un sistema di penetrazione o contaminazione multiforme."  Alessandro, membro della crew techno milanese Qirex amplia ulteriormente il discorso: "Nella musica in generale e nella techno in particolare l'autoproduzione è fondamentale. Io ho sempre comprato dischi da distribuzioni underground o direttamente da chi li faceva quando ne avevo l'occasione, questa mi è sempre sembrata un'ottima cosa per tenere basso il prezzo dei dischi, diffondere i propri lavori in modo orizzontale e conoscere più da vicino chi produce cose con una mentalità simile alla tua. Nella techno questo concetto è spinto ancora più all'estremo, praticamente ci sono solo autoproduzioni, capita poche volte che uno produca un disco con la musica di un altro, la maggior parte delle etichette è composta da un nucleo ristretto di persone che fanno cose simili e si aiutano a vicenda per registrare, produrre, fare cose nuove, distribuirle, ecc. la distribuzione dei dischi techno , o almeno di quelli underground con la musica che si ascolta alle feste, è una cosa molto genuina. Per capire meglio questo concetto posso dirvi che nella maggior parte dei casi chi fa la musica, chi registra il disco , chi mette i soldi per la stampa e chi lo distribuisce sono la stessa persona che poi sarà anche uno dei tanti dj che mixeranno il disco durante una festa." La discussione continua sulla politicizzazione del movimento: "sì, certo. Il movimento techno è molto politicizzato anche se non penso che parole come politica (almeno nel senso classico del termine, cioè conseguire decisioni mediante la discussione pubblica), ideologia o movimento siano molto adatte ad inquadrare questa situazione. Si tratta semplicemente di fare delle scelte, a volte anche estreme.

L'autoproduzione non riguarda solamente il fatto di stampare un disco con la tua musica a spese tue, spesso è un concetto che si estende ad altri aspetti della vita. Molta gente che frequenta la scena techno , soprattutto in Inghilterra ed in Francia, ha lasciato casa per vivere sui camion o nei furgoni. Questo secondo me è uno dei rifiuti più radicali che si possano fare nei confronti di una società, significa non condividere assolutamente il modo di vivere comune fino al punto di distaccarsene completamente. Ci si rende facilmente conto che per chi vive queste situazioni di nomadismo l'autoproduzione può diventare l'unico modo per sopravvivere. Non ci sono più contatti con il mondo di tutti i giorni, non hai più una casa, non hai più lavoro e nemmeno una città fissa. Si autoproduce uno stile di vita, non un semplice disco. "  Così come per molti traveller anni prima, anche per i raver la festa può essere un primo passo verso un mondo completamente nuovo, libero e alieno da costrizioni. Diversamente dai traveller , coi quali all'inizio nacquero alcuni contrasti ora sedati, i raver non disdegnano la tecnologia ed anzi ne fanno un ampio uso: computer, campionatori, internet, cellulari, sound system, computer grafica e via dicendo sono tutti elementi centrali nella technocultura. "(la tecnologia) rappresenta il medium creativo, la capacità di dare mille forme comunicative al proprio sentire."  Nasce il concetto di cyber inteso come utilizzo delle tecnologie più diverse non per produrre una merce ma per creare cultura antagonista. "(la parola) cyber ha finito per divenire la metafora del moderno, cioè il termine da applicare a tutto ciò che fa in qualche modo riferimento al concetto di nuovo applicato alle tecnologie, siano esse nel campo della comunicazione, della ricerca, dell'intrattenimento, o soprattutto dell'estetica e del costume".

Centrale nella technocultura è anche il culto delle droghe sulle quali viene diffusa la maggior quantità di informazioni possibile in modo da evitare i tragici incidenti del passato, anche decessi, e spingere alcuni su una dimensione più "esperenziale" piuttosto che semplicemente da "sballo" fine a se stesso. C'è anche chi non ne fa uso riuscendo comunque a raggiungere una dimensione "alterata" grazie al flusso musicale. La questione è lunga e controversa e, del resto, non affrontabile in questa sede. L'uso delle droghe psicoattive, un immaginario di derivazione psichedelico e l'interesse, da parte di alcuni, per culture e filosofie orientali o ataviche ha favorito la nascita del termine "tecnosciamanesimo". Anche il look si sta definendo attorno ad un abbigliamento principalmente comodo fatto di pantaloni molto larghi di derivazione hip hop , felpe con cappuccio e cappellini con visiera con occasionali spille e borchie, il tutto condito con la classica sporcizia di fondo. Significativo è il linguaggio del corpo che si esprime attraverso piercing, tatuaggi e scarificazioni (cicatrici autoinflitte e trattate in modo da lasciare un segno permanente). Come spesso accade in questi casi, leggi nate per soffocare le controculture ne favoriscono la fusione e il vicendevole scambio e supporto.  Nata per reprimere traveller, squatter, raver ed altre sottoculture il Criminal Justice Act , varata in Inghilterra nel 1994 dal governo conservatore, ha provocato vere e proprie ondate di protesta che furono da stimolo all'incontro fra le realtà più diverse "Ora anche le casalinghe e gli studenti si uniscono agli ambientalisti e ai punk sulle barricate per sfidare la legge."  Ma oltre ad aggregare e incrociare varie sottoculture il CJA avrà il merito, certamente non desiderato da chi lo istituì, di radicalizzare e politicizzare il pensiero di moltissimi individui, raver e traveller inclusi. Attraverso l'analisi del CJA possiamo passare allo studio dei movimenti di stampo ecologista e anarchico che fanno dell'azione diretta non solo una forma di protesta ma anche un modo di vivere secondo le idee che ispirano quella che più volte si è definita come "cultura DiY", che è la stessa che ha ispirato le sottoculture finora presentate e che, dall'incontro / scontro fra le stesse, ha tratto nuova energia.

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