CD Intelligence - Deuteronomy (In the red, 2007)

Quando un paio di anni fa incappai in "Boredom and terror" degli Intelligence, operativi intorno all'area di Seattle e San Francisco, capii che avevo davanti una delle bands più talentuose fra i pasturatori contaminati garage/wave/punk degli Stati Uniti, cosa che non sfuggì neanche ad In the red che se li prese successivamente sotto la propria ala protettiva. Dopo "Icky Baby" , Lars Aldric Finberg prende in mano il bandolo degli Intelligence (che si spacciano per thrash pop) affinando definitivamente la sua capacità innata spasticoide di innestare il garage con svolazzi art-punk, sfornando (e stando ai crediti suonandolo in gran parte da solo) un disco "pop" che getta malta su un potenziale nuovo genere musicale. Non nuovo di pacca, fin dagli anni 80s di bands che dalle proprie radici punk hanno esplorato "art" e contaminazione wave ce ne sono a bizzeffe, non ultimi i recenti Lost Sounds, però negli Intelligence c'è quel gusto post-punk che balletta con post-garage strascicato, ambientazioni wave e sgangheratezza variopinta. E'disarmante la verve espressiva ed umorale a 360° ma nessun esercizio di stile, il disco ha l' odore fragrante di una pagnotta rustica. Fra i vari episodi, spicca una chitarra timbricamente vagamente alla East Bay Ray ma più sixties e crampsiana, con una base ritmica che a tratti rimanda ad ipnotismi 80s, o a dei Gang of four innestati con i Wire più scheletrici, con tastiere di contorno a far capolino sul festino ("Moon beeps", "Secret signals", "Our solar system"). In "How to improve.." e "Dating cops" sembra di avere a che fare con degli Intellectuals in-Devo-niati, "Tubes" è un pezzo da wave colta. Aumenta il ritmo in girelle vocal-strumentali in "Sailor Dive" mentre gli ultimi 4 pezzi accentuano la compenetrazione artpunk da vecchi punkers estrosi californiani, a iniziare dalla stessa "Deuteronomy". "The receptionist" chiude il tutto con un ronzante riuscitissimo garage-industriale. Gli Intelligence mescolano ancora le carte del loro sound, in questo capolavoro la vena "oltre" di Finberg e Mchugh fa perno anche su melodie vocali oleose che unite alle strutture in bilico creano una delle mezz'ore più piacevoli e fresche di quest'anno. Ascolto obbligato.

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