RICHARD H KIRK - Virtual State (Warp, 1993)

1 November x-ray mexico
2 Frequency band
3 Come
4 Freezone
5 Clandestine transmission
6 The feeling (of warmth & beauty)
7 Velodrome
8 Soul catcher
9 Worldwar three
10 Lagoon west

Richard H Kirk è stato autore di uno dei percorsi più eclettici dell'elettronica inglese. Fondatore dei Cabaret Voltaire, nome tutelare della mutazione industriale verso la dance, passando per l'house, il funk e il dub dei suoi progetti Sweet Exorcist e Sandoz, Kirk ha affrontato nella prima metà dei '90 anche il discorso ambientale, sempre con la sua semplice raffinatezza. I suoi dischi su Warp "Virtual State" e "Number of magic", forse il canto del cigno di Kirk prima di un effettivo irreversibile declino, sono stati colpevolmente obliati dai fruitori elettronici. Virtual State, uscito nel 1993 e quindi in linea con i produttori seminali del periodo, è invece interessante per due aspetti apparentemente in antitesi che vengono invece a combaciare: prima di tutto è ravvisabile la creazione di una particolare forma di chillout industriale, con in evidenza la sua vena minimale robotica, frutto anche della sua permanenza nei Cabaret Voltaire. A questo si unisce però la capacità di creare una ritmica houseggiante virante verso l'idm dai tratti fortemente etnici e dub, addirittura nera e tribaloide in "The feeling" e "Soul catcher", ma fortemente ibridata con le sue esperienze degli 80s che si sentono molto specie a livello di synth, ricercando dunque una sonorità universale, un Virtual State appunto. Kirk attua tutto ciò senza grandi exploit o trovate stilistiche a lui ignote e sviluppate meglio dalle nuove leve del periodo, ma ha il pregio di risultare sincero e piacevole. L'emblema del disco è appunto "Soul catcher", che inizia con cori e suoni tribali africani con ritmiche da fuoco notturno e si eleva poi con l'ingresso più deciso del synth sferzante evocante atmosfere wave. Se in "November x-ray mexico" e "Frequency Band", con spirali sintetiche elementari nel plasma ambientale scuro sembrano provenire da un passato mai dimenticato, in "Come" e "Freezone" c'è un nuovo corso di cui era stato uno dei primi fautori e fu messo a fuoco definitivamente da LFO e Black Dog.
Tutto avviene in punta di piedi, quasi timidamente, fino ai bagliori profetici trip-hop di "Worldwar three" e del tappeto volante ambientale di "Lagoon west", dodici minuti di trip lisergico finale, sconsolati, da tenere lì sullo sfondo come il ragno all'angolo. Kirk fa quasi capolino fra i giganti di inizio '90, lui, uno dei primi profeti del suono industriale fin dai primi '70, quando Aphex e co ciucciavano ancora il biberon, ma "Virtual state"pur suonando adesso datato, è un documento indispensabile di un personaggio che ha dato parecchi spunti all'evoluzione elettronica degli ultimi trenta anni.

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