Italians do it better #3 @ Arciblob - Arcore (MI), 10/02/07

Text by Gilly - Pics by Gilly \ Drex

Andrea Reali non si ferma e la rassegna Italians do it better continua, ma di certo non è una cosa negativa!

L'Arci Blob di Arcore ormai si sta trasformando in una casa, un nuovo "caffè" sperimentale per quanti amano passare una serata in piacevole compagnia, sia dal punto di vista musicale, sempre eclettico ed interessante, sia dal punto di vista umano - aspetto non trascurabile nella realtà in cui siamo immersi.

Spenderei due parole a riguardo, che di sicuro non saranno nuove per nessuno; vediamo che ormai il business ha intaccato qualsiasi cosa, non c'è più la voglia di conoscere quello che si crede ci piaccia, l'ignoranza si diffonde a macchia d'olio e il clima è quello da Secoli Bui, dove l'autorità chiesa manteneva la mandria ignorante per farci quello che voleva.

Persone che si accontentano di una routine di cui incoerentemente si lamentano, che però continua anche al di fuori dei contesti scolastici/lavorativi e nessuno sembra accorgersene. Una routine fatta di quel nulla come nulla definito dal dizionario, le persone si alzano il lunedì mattina e che cosa hanno "conquistato"?

Ci si lamenta tanto della mancanza di spazio e di tempo, ma quando si hanno finalmente queste cose così preziose tra le mani, vengono buttate via come si butta una busta non ancora aperta: si è falsamente troppo sicuri di sé per aprirla, perché si immagina il contenuto e dal momento che la mente abitudinaria è sovrana si sceglie di buttarla, ma si è anche troppo pigri per aprirla e tra false promesse, necessità di essere alla moda, di far vedere che ci si sballa, di far vedere che si frequenta un certo locale. etc ci si dimentica del valore di ciò che favorirebbe arricchimento e non si vedono i momenti in cui davvero si può crescere in quella che qualcuno definirebbe cultura, intelligenza, apertura mentale.Chiamiamola semplicemente vita.

Da qualche busta si dovrà pur cominciare.

All'interno della prima busta troviamo i Gangster Bangs , trio di Como che spezza subito il ghiaccio con Il Casa alla batteria, bRNò al basso e alla voce e Carlo alla chitarra e altra voce.

Il mondo dei Gangster Bangs ci colpisce come un'auto impazzita che si sfracella dentro ad un locale colmo di persone; si percepisce come un mondo davvero incazzato, fatto di suoni e parole rudi, schietti, violenti, secchi e l'unica regola è urlare fino a quando le corde vocali non si piegano a 180° per chiedere pietà ad una musica che non ha alcuna voglia di interrompersi, perché ha ancora tanto da comunicare. L'orgoglio della rabbia che però riesce a cedere anche a momenti più armonici, nostalgici, malinconici. Si capisce dunque che benché lo stile di questo gruppo sia orientato verso sonorità post-hardcore (come si definiscono), ha comunque molte sfumature e i pezzi hanno un proprio stampo senza copiarsi gli uni dagli altri e hanno la caratteristica di essere tremendamente coinvolgenti.

Nella seconda busta troviamo un contesto minimale incentrato molto sull'aspetto teatrale, recitativo e letterale; letture musicate ad opera di Andrea Reali , voce recitante e Paolo Romano al contrabbasso (aggiungerei in cerca di un nome visto che i Nippon and the Symbol di cui facevano parte non sono più al completo). Immaginiamo di trovarci in un prato e di cogliere libri anziché fiori, frammenti di racconti, esperienze, emozioni ,è così che Andrea Reali coglie i suoi libri, liberandone poche gocce di essenza; tra gli altri Cosmico di Italo Calvino, Poema a fumetti di Buzzati, Doc & Fluff di Pat Califia, Essere o vivere di Alfred Jarry . La parte musicale era pressoché di natura contemporanea, quindi con caratteri sperimentali, timbri diversi dal contrabbasso a cui siamo abituati, ora stridenti, ora piagnucolanti, ora "seghettati"; non mancano però le danze delle dita che ne pizzicano le possenti corde e che ne esaltano il timbro caldo e grave. Reali è molto interpretativo, chi non fosse all'interno della stanza avrebbe la sensazione che ci fossero più lettori e non uno soltanto; un gioco molto vario per ricreare dialoghi ed emozioni delle opere che legge al pubblico.

Dopo questa performance si apre una terza busta, proprio una di quelle che si "immaginano" vedendo gli strumenti sul palco, dal contenuto da vaso di Pandora. I Tanake arrivano da Firenze, gli elementi che compongono il gruppo sono tre: Roberto e Martino Acciaro, alla chitarra il primo e alla batteria il secondo e Maurizio Bosa al basso elettrico. Oltre a questa strumentazione c'è stato l'utilizzo anche di fields recording, che al mio orecchio sono apparse come una sorta di intromissione radiofonica, e del trombone il cui timbro abbraccia in sé diverse culture musicali. volte appare che siano entrambi di fronte alla batteria e vogliano dichiarare una sfida che il drummer accetta ben volentieri e dimostra un virtuosismo che lascia a bocca aperta (dicono i Tanake che era febbricitante, chissà in condizioni normali che cosa combina!).

E' difficile "classificare" questo gruppo, troviamo influenze jazz, sperimentali, contemporanee, avant e soprattutto il carattere dell'improvvisazione [perfetta], in cui la dissonanza perde il significato negativo che ha per l'orecchio profano e fa davvero godere, in cui sembra di ascoltare l'effetto di un disco che va a ritroso sempre più velocemente, un risalire/arrivare a qualcosa che sembra esserci ma poi inevitabilmente sfugge e si perde in quel loop finale davvero ipnotico.

La quarta busta era carica di curiosità, Patrizia Oliva a.k.a. Madame P , finalmente riesco a vedere dal vivo questa artista, che con pochi strumenti esegue la sua cerimonia. Un tappeto eccentrico sul quale trovano posto pedali per mettere in loop delle sequenze, microfono, campanelli, bacchette di metallo unite insieme in uno strumento artigianale e soprattutto la voce. Improvvisato o meno (o entrambe le cose) che sia, lo strumento voce di Madame P è sfruttato al meglio e a livello di potenzialità e tecnica potrebbe migliorare ancora molto. Le atmosfere che vengono create sono ricche, sembra di essere in una foresta di voci e versi, si ripetono in loop, si allontanano o si avvicinano, si perdono in un vuoto che non sembra reale, o altresì arrivano dal fondo di un pozzo nella cui realtà acquosa si precipita. Tonalità basse che sembrano vortici acquatici o tornado, tempeste di frequenze che distruggono e distorcono i timbri; dissonanze e note calanti che piegano, fondono, modellano i muri della stanza in cui è immersa la nostra immaginazione.

Il riverbero fornisce un effetto fondamentale nella creazione di queste atmosfere, ma da alcuni punti di vista sarebbe interessante poter vivere questa performance ascoltando la voce per quella che è, senza un microfono o che altre strumentazioni, si ritornerebbe ad uno stadio primitivo, si troverebbero ulteriori vie di espressività. La voce umana è uno strumento meraviglioso, perfetto e soprattutto molto vasto; nobile è la capacità di questi artisti, che le danno un ruolo di primissimo piano, creando con essa sia l'aspetto melodico sia, soprattutto, quello armonico.

L'ultima busta è quella che chiude la serata e fa anche il botto [a detta mia - e magari di "pensata" di qualcun altro - spacca il culo].

Il protagonista di questa performance è Claudio Rocchetti , soprannominato molto spesso come destructive djing , proveniente da Berlino, sua attuale residenza. Si spengono le luci nella saletta dell'Arci Blob e subito dalle prime distorsioni penso che l'Ant-Zen si sia persa qualcuno, perché le nostre orecchie stanno davanti ad un artista del turntablism, del power noise duro ed invadente, ma creato accuratamente e non soltanto rumore casuale come si riscontra in altri gruppi; ciò che non ha fatto questa label l'ha recuperato la Sonic Belligeranza con cui il Rocchetti ha avuto delle collaborazioni. Campionamenti analogici e digitali di suoni registrati e ricreati, sfruttamento delle imperfezioni delle strumentazioni tecnologiche, patchwork di pezzi di diversi vinili, uso di strumentazione vecchia come lettore di vinile, microfoni, radio.

La performance ha un carattere piuttosto altalenante; i turbini di frequenze che le casse mandano fuori come sotto pressione, convivono anche con momenti più ambientali quasi silenziosi, che sembrano essere creati apposta per essere bruscamente interrotti e spezzati da altre ondate di frequenze.

Questo dimostra che le buste che muovono così tanta pigrizia andrebbero aperte e non migliorerebbe soltanto la situazione individuale della persona, ci sono molte buste che possono contenere sia performance come queste, sia forze più grandi con i quali ha a che fare l'umanità intera; come ho detto sopra da qualcosa bisogna pur cominciare, quindi si spera sempre di trovarne altre nel tempo a venire.

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