GOLEM FESTIVAL@ CASSERO - BOLOGNA, 28.07.06

Text by Sephira - Pics by Drex

Speranzosi in un'autostrada praticabile causa esodo estivo, ci dirigiamo verso Bologna, per un festival presentato da LaRoseNoire, più precisamente al Cassero , il locale che avrebbe ospitato quella sera 5 performance da acquolina in bocca e che contemporaneamente avrebbe prosciugato le nostre tasche.

Le uniche due macchie nere [a parte il costo] sono state l'estrema fretta con cui gli artisti si sono susseguiti, da cui deriva la brevità delle esibizioni e l'impianto acustico che ha rovinato pressochè tutte le esibizioni.

La struttura a mattoni a vista ricorda una piccola cattedrale, l'altare che ospiterà i predicatori della serata è pronto e Uomo d'Acciaio sta già permeando l'aria con le sue sonorità cyber-rave neo industriali e i suoi visual color seppia provocatori, diffusori di ideologie futuriste che esaltano il concetto di macchina, ma anche il concetto di produzione/tempo/lavoro e distruzione dell'essere umano. Il tutto sembra andare a braccetto con lo stakanovismo "kom-interniano", ma il sound si spinge di più su influenze rave soprattutto per il timbro delle drum che rimbalzano nel petto come flagellate decise e la velocità dei bpm.

Per quanto riguarda le prime due esibizioni sembra di assistere ad un dibattito politico americano da due minuti a testa, poichè sono come due soffi e quasi non si fa nemmeno in tempo a sedersi per godersele un po' e farsi un'idea più completa del genere, del ritmo, dei suoni.

A Uomo d'Acciaio seguono i Ballistic in "borghese", causa mancanza abbigliamento ordinario consistente in una sorta di tuta da lavoro, adottato al Boccaccio il 29 di aprile. C'era l'inserimento di una maschera che ricordava vagamente quella dei campioni del wrestling e che non aveva niente a che fare con i toni provocatori di un passamontagna utilizzato "alla Bergamini" per esempio [Della serie il * Rey Mysterio dell'EBM *]. La performance è stata soddisfacente: visual basati soprattutto su avventure fantascientifiche di navicelle spaziali accompagnate da buoni synth melodici e trascinanti che possono ricondurre a sonorità trance cupe da "viaggio mentale" e ritmiche che si allontanano dalla banale EBM danzereccia per riversarsi in un crogiolo in cui prevale uno sfondo drum'n'bass.

La loro esibizione è stata sicuramente la più svantaggiata e rovinata di tutte; l'impianto del locale era pessimo, volume basso e la parte vocale è stata penalizzata visto che nemmeno il cantante riusciva a sentirsi.

A seguito di questo breve dibattito la cattedrale si prepara ad accogliere i parlatori più attesi della serata.

Il primo è Herman Klapholz aka Ah Cama-Sotz , artista eclettico e sperimentale dalle molte sonorità, che ci propone una performance basata soprattutto su sonorità ambient, ethereal, ritual che si sposano perfettamente con i visual e ci portano come in una processione in un passato mistico e medievale, fanno risorgere entità dell'ombra e delle soglie come Yog Sototh, Licantropi, demoni del Lemegeton; atmosfere che riportano in vita manoscritti come grimori, profezie di Nostradamus e rituali sabbatici; sonorità cupe di disperazione che ricordano la terribile piaga della peste che ha investito l'Europa nel XIV secolo [1348 per l'esattezza], ma anche più leggere, sottili e minimali come nel caso di U-Boot Theme , in cui il tema principale è l'acqua, un viaggio nell'oceano di noi stessi, delle nostre emozioni direttamente con un sottomarino e Uxtetrax in cui si passa dall'acqua ad una passeggiata barcollante in una foresta di cui i colori e i suoni vengono percepiti sia in negativo che positivo.

Segue Jérôme Soudan aka Mimetic che come un genio della modernità tira fuori dalla sua lampada una performance che risveglia il pubblico dalla trance emotiva e visiva a cui era stato sottoposto fino a pochi minuti prima. Un set di elettronica mista, melodica e sperimentale con influenze che tendono alla drum'n'bass, al dub . Una ritmica molto accentuata ora marcata e ora più soffusa e opaca, che sembra seguire i movimenti del corpo femminile che si contorce nel visual che accompagna l'esibizione. Un sound che invade anche il corpo dello spettatore e si comincia a seguire questo ritmo ipnotico sentendo ogni singola parte del corpo che si scioglie al movimento con la musica.

La brillantezza sperimentale di questi ultimi due predicatori si fonde nel progetto electro-techno sperimentale più atteso della serata e che la Hands può vantare di avere sotto le sue ali, in tre singole parole enunciate da una voce femminile sensuale: Wai Pi Wai . Il pubblico è al completo e la cattedrale si è riempita di tutti i fedeli impazienti di ascoltare la cascata di suoni originali, colorati come i visual, che tendono anche ad accenni orientali ed eterei, freschi, puliti e chiari come fossero facce di diamanti; ritmiche sincopate e molto marcate che colgono di sorpresa e danno quella sensazione di stupore che cresce ad ogni sequenza; le parti vocali prevalentemente femminili hanno un timbro molto sensuale. Senza dubbio un progetto riuscito alla perfezione, in cui ogni artista ha messo talmente tanta sperimentazione che il prodotto che ne esce non si avvicina né troppo all'uno e né troppo all'altro, un prodotto diverso che vanta un'originalità molto scarsa di questi tempi.

In tutta fretta si smontano i set degli artisti e la serata prosegue con un dj set originale e spazioso di Gnosis ed un successivo non molto soddisfacente e retrogrado, pezzi degni della "Lista nera"; ci tratteniamo ancora per poco, tempo di fare qualche commento sulla bella serata e ci dirigiamo verso la Drexmobile che ancora una volta ci ha portati verso una destinazione da sogno che ci ha lasciati soddisfatti e pieni.

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