NO Copyright: nuovi diritti del 2000 a cura di Raf Valvola Scelsi - Shake ed., 1994 - 306 pag., 23.000 lire

Porta il peso degli anni una pubblicazione del 1994 che tratta temi soggetti ad invecchiamento precoce, con il rapido sviluppo tecnologico e l'evoluzione del mercato globale. “No copyright” è una raccolta di materiale di diverse origini, ben suddiviso per tematiche, esaustivo, un'antologia insomma. Si tratta di argomenti a diverso titolo contrari al copyright, soprattutto quando difeso per interesse privato, a scopo di lucro e per il carattere pesantemente sanzionatorio posto di fronte alla sua violazione.
Così il volumetto è occasione per presentare l'evoluzione del concetto di brevetto e dell'affossamento della genialità individuale a favore dell'egemonia industriale.

Contestare il copyright diventa una necessità per attribuire al soggetto un nuovo diritto, quello sociale alla comunicazione. Il sovraflusso informativo in cui siamo immersi necessita infatti di una rielaborazione critica dei dati, della conoscenza. Il diritto all'informazione deve essere diritto alla sua rielaborazione per non ridurci ad essere meramente soggetti passivi. Ecco allora come il copyright funga anch'esso da strumento di controllo e di dominio.
A chiudere la parte a cura di Raf Valvola un'accurata descrizione dell'Italian Crackdown, l’indagine portata a termine per scoprire una diffusione illegale di software che ebbe come conseguenza il blocco delle attività delle BBS italiane e sequestro di materiale. Le BBS (Bullettin Board System) erano le antesignane dell’odierno sviluppo della rete telematica, raggiungibili tramite connessioni modem, per accedere a documenti e condividere risorse.

Brent nel suo saggio sostiene la profonda influenza della scrittura elettronica sulla coscienza, un cambiamento profondo già determinatosi dal passaggio dalla tradizione orale a quella tipografica.
Ciò produrrebbe un sapere allargato, collettivo, in cui il copyright diventerebbe indifendibile; il sapere è sempre più oggetto di rielaborazione. La riproducibilità tecnica è inoltre la morte dell'originale.

Contrario ad una restrizione di tale libertà è Stallman a cui viene dato ampio spazio, ideatore del concetto di software libero insito nel sistema operativo Gnu, libero in quanto il codice sorgente è disponibile a chiunque lo voglia utilizzare, distribuire, migliorare. Stallman ha fondato anche la FSF (Free Software Foundation), volta a diffondere una maggiore libertà di diritto alla copia del software, la sua distribuzione e modifica. Altra organizzazione è la LPSS (The League for Programming Freedom), la quale rivendica il diritto di scrivere liberamente programmi software, non concentrandosi sul concetto di copyright, ma opponendosi a situazioni di monopolio relative ai brevetti software ed i diritti relativi all'interfaccia utente.
Il manifesto di Stallman si richiama ad una passione, ad un lavoro comunitario ampiamente in contrasto con modelli di sviluppo fondati sull'arricchimento e la prevaricazione.

Se ci spostiamo sul fronte biotecnologico osserviamo come sia stata messa in atto una colossale violazione di diritti di "proprietà naturale" dei popoli del sud del mondo, a favore di quella "proprietà inventata" dal business nordico per garantirsi lo sfruttamento di specie vegetali cresciute nelle foreste. Ed il prezzo da pagare risulta globale con la scomparsa di specie ed economie locali soffocate da monopoli sovranazionali.
Un concetto di copyright quindi esteso che erroneamente oggi richiama soprattutto alla mente il "peer to peer", il download gratuito di files da internet.
Testo esaustivo per le tematiche che sono l'oggetto della suddivisione dei capitoli: software, biotech, editoria, musica e immagini.

Interessante la ricostruzione storica dell'editoria corsara in Italia, anche dell'uso politico del falso. Sostanzialmente alla base di questa forma di pirateria, da non confondersi con quella commerciale, sta il principio di rendere disponibili a chiunque testi fondamentali per la costruzione di un pensiero critico.
La sezione musica ripesca Vittore Baroni da un articolo su Rumore, con una dettagliata presentazione del "furto" creativo, ad opera di J. Oswald e Negativeland.
Sono trascorsi 12 anni dalla pubblicazione di "No Copyright", malgrado ciò i bastioni legali a difesa della "tutta da dimostrare" genialità degli autori si ergono per tutelare le sacre politiche del possesso. Come ciò possa essere vitale per la sopravvivenza delle lobby dei discografici, e pure degli studi legali, è comprensibile; meno chiaro comprendere come schiere di giovani "artisti" oggi siano ancora convinti che il copyright continua ad esistere per tutelare i loro interessi, almeno nella forma totalizzante, vessatoria e ad oltranza dell'attuale interpretazione.

L’attualità conferma lo scontro tra interessi forti e necessità culturali: ha poche settimane la notizia del contributo imposto alle webradio, per ogni pezzo trasmesso per ogni utente collegato, altro modo per uccidere la diffusione della cultura dal basso, altro modo per selezionare ciò che è remunerativo; chi pagherà mai ciò che non ha un appeal commerciale.
Recente è anche l'approvazione della Direttiva Europea IPRED2, la quale pur sottolineando il carattere di reato per violazione della proprietà intellettuale, lascia per ora aperto lo spazio per definire quale sanzione applicare in caso che tale violazione non sia a scopo di lucro.

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