AUTECHRE - Incunabula (Warp, 1993)

01 Kalpol introl
02 Bike
03 Autriche
04 Bronchus 2
05 Basscadet
06 Eggshell
07 Doctrine
08 Maetl
09 Windwind
10 Lowride
11 444

Autechre è la creatura oracolare di Sean Booth e Rob Brown, il duo inglese che ha segnato indelebilmente l'elettronica d'avanguardia dei '90, tracciando le coordinate di riferimento a cui molti epigoni hanno provato a rifarsi. "Incunabula" è semplicemente il disco che ha sublimato il modo di comporre idm-ambient, facendolo già nel 1993 con una chiarezza di idee impressionante. Il linguaggio degli Autechre è suprematista, hanno traslato la definitiva non-oggettività del pensiero elettronico, smontandolo e rendendolo tridimensionale e polimorfo, staccato quasi dai solchi e formante figure pulsanti di acciaio vivo. Lo hanno fatto tramite un minimalismo evocativo e una fredda essenzialità di tratto quando invece poi l'elettronica si sposterà verso il progressivo e la contaminazione totale. "Incunabula" rappresenta già il primo punto di arrivo degli Autechre, che in seguito estremizzeranno decisamente la loro proposta in dischi sempre più alieni e destrutturati, al limite anche del noise sferzante. "Incunabula" come tutti i loro dischi, è un'opera impegnativa, che ha le sue basi in ingegnose e abbindolanti sequenze tonali condite da una ricerca ritmico-timbrica meticolosa. Non si tratta di una bellezza sensorialmente lampante, gli Autechre non sono immediati e in seguito lo saranno ancora meno, in Incunabula l'equilibrio e le forme vanno a discapito del mero hit, il disco autechriano è la summa dell'opera elettronica totale che cerca e trova la definitiva consacrazione musicale davanti agli occhi dei più scettici. L'iniziale "Kalpol Introl" è la creazione del liquido marziano autechriano, un "Io robot" asimoviano di meccanismi ignoti che porta poi a "Bike" e la definitiva mutazione del substrato techno, tra ritmiche insinuanti e suoni riverberenti, l'arrivo definitivo della deriva "artificial intelligence" di LFO, Richard James e Black Dog. Il suono degli Autechre è decisamente asettico, ma la componente eterea dell'apparato sintetico si scontra magnificamente con distorsioni e varietà ritmiche imprevedibili, passando dalla rassicurante "Autriche" al magma pulsante di "Bronchus 2". "Basscadet" è uno dei pezzi cardine del disco, un inconfondibile strato di electro robotica gorgheggiante per un dancefloor lunare. "Eggshell" è un idm di una raffinatezza superlativa, lo sfondo e l'azione del palco autechriano diventano un teatro di rappresentazione naturale ciclica, una lotta fra gli elementi sempre in bilico, come nelle battute spezzate di "Doctrine". E' con il lungo brano "Windwind" che Booth e Brown raggiungono l'estasi mistica finale e i brividi lungo la schiena quando la si ascolta non vengono mai meno: "Windwind" è un ambient-idm-glitch che sembra una scultura di Michelangelo, l'incedere tentennante dei beats fra sferzate laser, riprese lente, tuffi ed emersioni, quel muro melodico ronzante in lontananza tristemente evocativo, sembra contenere tutto il senso della vita, sensazionale. Il finale del disco è un tributo al passato con "Lowride" e il suo retaggio house-jazz e la conclusiva "444", incisa dai caratteristici drones melodici autechriani che inseguono la ritmica che si è tolta le catene, che qui sembra avanzare decisa verso territori idm da cui non si torna. "Incunabula" è l'incarnazione della musica elettronica pura, un disco profondissimo, che a distanza di tanti anni mantiene ancora una freschezza e uno splendore che è proprio solo delle opere d'arte che travalicano i secoli.

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